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Adolescenti e intelligenza artificiale: una ricerca che fa riflettere

C’è un paradosso che caratterizza il nostro tempo: mentre noi adulti giustamente ci interroghiamo su cosa significhi vivere nell’era dell’intelligenza artificiale, i nostri adolescenti l’hanno già integrata nelle loro vite. È ciò che emerge dal Future Report, una ricerca commissionata da Google e realizzata da Livity che ha coinvolto oltre 7.000 adolescenti in tutta Europa.
In questo articolo ci interessa in particolare la ricerca condotta su oltre mille giovani italiani tra i 13 e i 18 anni, perché credo possa offrire a genitori, insegnanti ed educatori uno sguardo prezioso su questa generazione che sta crescendo con l’AI.

[Spoiler, come dicono i giovani] Ciò che emerge non è il ritratto di giovani passivi, ipnotizzati dagli schermi, ma quello di una generazione più critica e riflessiva di quanto spesso crediamo e scriviamo.

L’AI come Alleata dell’Apprendimento

L’AI è uno dei più grandi strumenti dell’umanità e un’occasione per il miglioramento personale. Ti dà l’opportunità di avere al tuo fianco una macchina che ha sbagliato innumerevoli volte e ha imparato dai propri errori.
— Martino, 16 anni

Quella di Martino potrebbe sembrare uno slogan pubblicitario. Ma ci ricorda una verità che spesso sfugge al dibattito adulto: l’AI non è un oracolo infallibile, ma un sistema che ha imparato attraverso tentativi ed errori, proprio come noi.

96%
Adolescenti 16-18 anni hanno usato l’AI nell’ultimo anno
43%
La usa quotidianamente
78%
Afferma che l’AI ha migliorato la loro creatività

I dati confermano un’adozione massiccia, ma – sottoline la ricerca – «non si tratta di una dipendenza acritica. Questi giovani utilizzano l’AI principalmente per il supporto scolastico, le traduzioni e i compiti a casa, trasformandola in un tutor personale sempre disponibile».

Come gli Adolescenti Utilizzano l’AI
Supporto scolastico
41%
Compiti a casa
38%
Traduzioni
38%
Generazione immagini
29%
Domande quotidiane
29%
Scrittura creativa
19%

Ciò che emerge da questo rapporto è anche il modo in cui gli adolescenti intervistati percepiscono i benefici concreti dell’intelligenza artificiale: il 44% apprezza la capacità dell’AI di spiegare concetti complessi in modi diversi, adattandosi ai diversi stili di apprendimento. Il che crea una personalizzazione dell’educazione che i sistemi scolastici tradizionali faticano ancora a garantire.

Il divario tra scuola e realtà

Qui emerge una frattura significativa. Mentre gli adolescenti integrano l’AI nel loro percorso formativo, il 42% delle scuole italiane ne vieta l’utilizzo.

I professori sono contrari all’uso dell’AI, soprattutto per fare i compiti a casa. Credo sia perché non hanno ancora capito come funziona. Io penso che, se usata nel modo giusto, possa essere molto utile.
— Anita, 17 anni

Anche quella di Anita sembra una frase slogan. Ma è indubbio che il problema esista: spesso il rifiuto degli adulti non nasce da una valutazione ponderata dei rischi dell’uso dell’IA, ma da una paura della tecnologia. In ogni caso, secondo la ricerca, gli adolescenti non chiedono libertà illimitata, ma formazione strutturata. Vogliono che le istituzioni li accompagnino.

Un pensiero critico inaspettato

Contrariamente a certi stereotipi, questa ricerca dimostra che i nostri ragazzi avrebbero una buona capacità critica. Il 55% degli adolescenti intervistati valuta sempre o spesso l’attendibilità delle informazioni online.

Strategie di verifica delle informazioni
Consultare più fonti
43%
Chiedere a un adulto
35%
Verificare l’autorevolezza
32%
Controllare i bias
24%
Nessuna verifica
9%

Secondo il Future Report, i nostri ragazzi mantengono nell’uso dell’AI uno scetticismo più che discreto. La fiducia nelle informazioni generate dall’intelligenza artificiale si attesta su un 6,3 su 10 – né cieca accettazione né rifiuto totale.

Quando ho dubbi sulla veridicità di una risposta dell’AI, la cerco su Google e confronto i risultati. Di solito, usando il prompt giusto, trovi la risposta corretta.
— Ludovico, 18 anni


I video contano più di tutto


Questa è una conferma: per i nostri adolescenti, i video contano più di tutto. Il 75% guarda contenuti video più volte a settimana, con YouTube che funge da vero e proprio ecosistema educativo.


Il 75% degli adolescenti usa YouTube per l’apprendimento scolastico, mentre il 70% lo utilizza per l’apprendimento informale e lo svago. Gli algoritmi giocano un ruolo centrale: il 25% trova contenuti attraverso suggerimenti automatici, percentuale quasi identica a quella dei contenuti condivisi da amici (26%). Non sono spettatori passivi trascinati dall’algoritmo, ma navigatori consapevoli che bilanciano raccomandazioni automatiche e ricerca attiva.

Un equilibrio possibile

Anche qui la ricerca ci riserva alcune sorprese. Una delle scoperte più importanti riguarda il benessere digitale. Contrariamente all’immagine di una generazione incollata agli schermi, il 69% degli adolescenti italiani dichiara di mantenere un buon equilibrio tra vita online e offline – dato significativamente superiore alla media europea del 57%.

Strategie per mantenere l’equilibrio digitale
Tempo con amici/familiari
40%
Attività fisica
33%
Limiti di tempo allo schermo
23%
Hobby offline
22%


Ma c’è un’iniquità preoccupante

Tuttavia, sotto questa superficie incoraggiante si nasconde un’iniquità preoccupante. Il pensiero critico e le buone pratiche digitali non sono distribuite equamente: gli adolescenti di famiglie con reddito più alto verificano le informazioni molto più frequentemente (68%) rispetto a quelli di contesti a basso reddito (51%).



Ancora più allarmante: un adolescente su cinque non riceve alcun supporto nella gestione delle abitudini online, con una concentrazione maggiore nelle famiglie svantaggiate. Il supporto genitoriale, cruciale soprattutto per i più giovani (53% dei 14-15enni si affida ai familiari), diventa un privilegio di classe.


Il futuro secondo i ragazzi

Alla fine del rapporto emerge anche la visione che i nostri adolescenti hanno del futuro tecnologico. «Non chiedono protezione paternalistica o libertà assoluta, ma partecipazione attiva. Vogliono essere ascoltati, coinvolti nella progettazione delle tecnologie che useranno». Le loro richieste sono chiare: tecnologie inclusive, accessibili indipendentemente da condizione economica o età; formazione strutturata su uso sicuro e consapevole; avere voce nelle decisioni che li riguardano.



Aree in cui la tecnologia può contribuire positivamente
Ricerca
36%
Istruzione
33%
Sanità
25%
Ingegneria e costruzioni
22%
Ambiente
20%


Arrivati a questo punto, viene da pensare che questa generazione non abbia bisogno di essere salvata dall’AI, ma accompagnata con intelligenza e rispetto.

«Il vero rischio non è la tecnologia in sé, ma l’incapacità delle istituzioni – scuole, famiglie, policy maker – di tenere il passo con la loro evoluzione. Dobbiamo colmare il divario tra chi ha accesso a supporto e formazione e chi ne è escluso. Dobbiamo ascoltare davvero questi giovani, non come oggetti di studio ma come interlocutori alla pari».

Perché – è bene ricordarlo ancora una volta – il futuro digitale non si costruisce per gli adolescenti, ma con gli adolescenti.